
IL LAVORO
Il lavoratore protagonista della società
Nel XIX secolo il processo di industrializzazione ha costretto l’uomo a modificare le proprie abitudini lavorative, passando dall’agricoltura, dove il prodotto (benché esiguo) era direttamente alla portata del contadino, all’industria, in cui l’operaio, alienato dal proprio lavoro, riceveva un salario senza poter gestire personalmente il risultato delle proprie fatiche. Questo ha causato una serie di cambiamenti che hanno creato contrapposizioni tra le diverse classi sociali. Una pensatrice moderna, Hannah Arendt (1906-1975), ha rilevato un’interessante distinzione tra l’animal laborans in cui il lavoratore è un individuo che non entra in relazione con gli altri, produce per sé e consuma per sé, modificando semplicemente ciò che la natura dispone senza creare nulla di nuovo, e l’homo faber creatore della sua opera che rimarrà nel mondo a testimonianza delle proprie azioni. Il primo è un semplice lavoratore che trasforma ciò che dispone per la propria sussistenza; il secondo vi mette l’ingegno e la creatività (ad esempio l’artista) senza limitarsi a usare la sola forza del corpo.
La disoccupazione
La disoccupazione è una piaga della società che trasforma gli esseri umani in soggetti disperati, talvolta disposti ad accettare condizioni di lavoro umilianti. Molti figli di immigrati hanno potuto vivere una vita dignitosa grazie ai sacrifici dei propri genitori che, emigrando, sono riusciti a dare un futuro ai loro figli. Si pensi alla massiccia immigrazione degli Italiani all’inizio del secolo scorso. Per questo bisogna soffermarsi a riflettere quando il pregiudizio nei confronti dell’immigrato colpevolizza migliaia di persone innocenti in cerca di un futuro migliore. Un cristiano non può disprezzare chi ha bisogno di aiuto. Gli Stati che hanno accolto ordinatamente gli emigrati in cerca di lavoro hanno solitamente beneficiato in termini di sviluppo economico e socioculturale.


Le nuove forme di schiavitù
Quando si parla di schiavitù, si pensa alle immagini degli uomini deportati in America a partire dal XVI secolo, o alle condizioni lavorative precarie nell’Europa del XIX secolo. Ma nella nostra epoca contemporanea il diritto a un lavoro dignitoso ed equamente retribuito è sempre salvaguardato? Un operaio cinese, ad esempio, lavora circa 12 ore al giorno, con poche pause e la possibilità di lavorare per altre ore di straordinario se la produzione lo richiede, e a questi ritmi di lavoro sono ammessi anche ragazzi al di sotto dei sedici anni. Ciò significa che, quando la manodopera viene sfruttata, il costo del lavoro diminuisce e il profitto aumenta. Questa realtà rischia di diventare un fenomeno diffuso anche nei Paesi tradizionalmente ricchi come l’Italia dove, per far fronte alle nuove sfide della globalizzazione, si comprimono i diritti dei lavoratori, specialmente quelli con meno tutele: immigrati, lavoratori “atipici”…
La Chiesa e il lavoro
Cos’è il lavoro? Che senso ha nella vita dell’uomo e della donna? Qual è il suo valore più profondo? Queste domande hanno risvolti molto pratici nella vita di ciascuno e ciascuna di noi. Ci aiutano a chiarire il nostro rapporto con il lavoro che svolgiamo ogni giorno; ci permettono di capire meglio cos’è il lavoro per noi a livello personale, come lo viviamo nel concreto della nostra vita. Per molti, il lavoro è solamente un mezzo per guadagnare denaro, per arricchirsi; per altri, una via per raggiungere il successo nella vita, per fare carriera, per acquistare potere... C’è chi trasforma il lavoro in una sorta di assoluto, qualcosa per cui è disposto a sacrificare tutto: la propria dignità, la famiglia, i figli. Non conta nulla se non il lavoro… Si tratta di una specie di idolatria del lavoro. D’altro canto, c’è chi odia il lavoro, lo considera una maledizione. Allora, cos’è il lavoro? E soprattutto che significato ha agli occhi di Dio Creatore e Redentore dell’uomo?
La Bibbia c’insegna che nella vita della persona umana creata a immagine e somiglianza di Dio, il lavoro è una vera e propria vocazione! Mediante il lavoro (sia esso manuale o intellettuale), Dio chiama l’uomo a partecipare alla sua opera creatrice nel mondo. L’uomo collabora anche con l’opera della Redenzione.
Il valore e la dignità del lavoro umano stanno anche nel fatto che colui che lo svolge è una persona. San Giovanni Paolo II ribadiva con forza: «Il primo fondamento del valore del lavoro è l’uomo stesso. A ciò si collega subito una conclusione molto importante di natura etica: per quanto sia una verità che l’uomo è destinato ed è chiamato al lavoro, però prima di tutto il lavoro è “per l’uomo”, e non l’uomo “per il lavoro”» (Laborem exercens, n. 6).
A sua volta il Concilio Vaticano II aggiungeva a questo proposito un aspetto molto importante: «L’uomo infatti quando lavora, non soltanto modifica le cose e la società, ma perfeziona sé stesso. Apprende molte cose, sviluppa le sue facoltà, esce da sé e si supera. Tale sviluppo, se è ben compreso, vale più delle ricchezze esteriori che si possono accumulare» (Gaudium et spes, n. 35). In questa maniera, l’uomo lavorando non solo crea e produce qualcosa, ma soprattutto realizza sé stesso come uomo, matura e cresce come persona, la sua vita acquista un senso!
In tale contesto, possiamo cogliere chiaramente il dramma della disoccupazione che oggi affligge tanti uomini e donne, ma soprattutto i giovani! Lo descrive con parole forti Papa Francesco: «Grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. Si considera l’essere umano in sé stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto”» (Evangelii gaudium, n. 53). Per questo il Santo Padre auspica l’«accesso al lavoro [...] per tutti» (cf. Laudato si’, n. 127).
La disoccupazione ferisce profondamente la dignità della persona umana, la dignità dell’uomo e della donna, perciò va combattuta come una piaga che distrugge la vita delle persone, delle famiglie e delle società intere.
Purtroppo però il lavoro non di rado viene usato contro l’uomo! Come non ricordare i campi di concentramento nazisti con la scritta beffarda che, al loro arrivo, accoglieva i deportati: “Arbeit macht frei” (Il lavoro rende liberi!) o i gulag sovietici. In entrambi i casi, il lavoro diveniva un mezzo di sterminio. E quante forme di sfruttamento del lavoro esistono ancora oggi.

Estratto dello Statuto dei diritti dei lavoratori (Legge n. 300 del 1970)
ART. 1. Libertà di opinione
I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei princìpi della Costituzione e delle norme della presente legge.
ART. 8. Divieto di indagini sulle opinioni
È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore.
ART. 10. Lavoratori studenti
I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o durante i riposi settimanali. I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che devono sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti. Il datore di lavoro potrà richiedere la produzione delle certificazioni necessarie all’esercizio dei diritti di cui al primo e secondo comma.
ART. 14. Diritto di associazione e di attività sindacale
Il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attività sindacale, è garantito a tutti i lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro.
ART. 15. Atti discriminatori
È nullo qualsiasi patto o atto diretto a:
a) subordinare l’occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca a un’associazione sindacale ovvero cessi di farne parte;
b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività sindacale ovvero della sua partecipazione a uno sciopero. Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti diretti ai fini di discriminazione politica o religiosa.

Cosa dice la Costituzione
Articolo 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Articolo 36
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.
PARTICOLARMENTE IMPORTANT
Articolo 37
La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità della retribuzione.
Che cosa significa?
Scopo di questo articolo è tutelare le donne lavoratrici, in particolare le madri di famiglia, e i minori che lavorano. L’articolo ha permesso l’approvazione di una legislazione che afferma la piena uguaglianza formale tra lavoratori e lavoratrici: in particolare, la legge n. 903 del 1977 stabilisce che “è vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale”.
Inoltre, a partire dagli anni Novanta, si è andata affermando una politica finalizzata al raggiungimento dell’uguaglianza sostanziale (ovvero effettiva) tra donne e uomini, che spesso è stata ostacolata da pregiudizi, discriminazioni e forme di sfruttamento.
Quanto ai minori, la legislazione vieta il lavoro dei bambini (0-15 anni) e consente quello degli adolescenti (15-18 anni), ma a due condizioni: il minore deve essere riconosciuto idoneo all’attività lavorativa mediante un esame medico; al minore deve essere garantita la frequenza alle attività formative fino al compimento del diciottesimo anno di età.
Ma perché...?
Questo articolo si basa su un principio di “discriminazione positiva”, ossia riserva speciali diritti a soggetti svantaggiati.
Perché riservare particolari diritti alla madre?
Da un lato (quando si parla, ad es., di “essenziale funzione familiare”) questo è l’effetto della tradizione cattolica, che è una delle matrici della Costituzione, dall’altro deriva della constatazione che gli eventi della nascita di un bambino e dell’allattamento sono a carico della madre, non del padre. Su queste basi la legge italiana concede alle donne lavoratrici una serie di garanzie che permettono loro di mantenere il proprio posto di lavoro e, per alcuni mesi (gli ultimi della gravidanza e i primi della vita del bambino), lo stipendio.
I commi finali di questo articolo si soffermano sui diritti dei minori che lavorano; lo stabilire un’età minima per l’ingresso nel mondo del lavoro e il garantire una parità di retribuzione hanno come scopo quello di impedire forme di sfruttamento.